AICS, il futuro sindaco e una terapia per curare Bologna
Indubbiamente, scegliere il sindaco della città non è semplice come ordinare un aperitivo ma lo sfibrante risiko, di cui scrivono i quotidiani, sta diventando incomprensibile per molti e anche sgradevole per i bolognesi che hanno più problemi.
Da settimane, da mesi, assistiamo a un gioco di posizionamento tutto interno al Partito Democratico, con il solo ruolo di comprimari per liste e schieramenti centristi, riformisti o più a sinistra.
Da questo confronto, non esce un’idea di città e forse neanche un’idea. È triste che gli eredi delle amministrazioni di Dozza, Fanti e Imbeni stiano limitando il dibattito solo alla figura dell’uno o dell’altro candidato. Non vogliamo, ipocritamente, fingere che la formulazione di programmi politici prescinda dalle persone. Però, in un momento così drammatico, non si può esaurire una consultazione interna o anche un confronto alle primarie solo su 3 o 4 facce.
Manca un progetto e, pur rispettando il lavoro fatto dagli assessori e dai parlamentari, crediamo che ci sia bisogno di altro.
Per quello che rappresentiamo, e’ necessario affrontare le emergenze del mondo associativo – provocate da una crisi infinita – che in otto mesi ha portato alla chiusura di spazi di intrattenimento culturale, di attività e impianti sportivi, di poli socio-educativi, di centri di aggregazione, di imprenditoria sociale e di creatività. Sta nascendo una nuova classe di poveri, colti, talentuosi e professionali, che però stanno passando dalla precarietà continua all’indigenza quotidiana.
La crisi degli esercizi commerciali e’ grande ma, almeno in parte, le difficoltà di questo settore sono stemperate dal ricorso agli ammortizzatori sociali e da qualche ristoro, che prima o poi arriverà.
Invece, quando saranno somministrati con regolarità i vaccini, quando il virus sarà contenuto o sconfitto, quando la politica riaprirà gli occhi, apparirà un deserto e si conteranno le attività associative sopravvissute.
Nel nostro ambiente, i contratti di lavoro sono pressoché inesistenti e la totale assenza di prospettive rende questo mondo fragilissimo e rende questi operatori completamente invisibili.
Al di là delle belle parole, i candidati e tutti quelli che vogliono impegnarsi per gestire la cosa pubblica hanno idea di come affrontare la devastazione provocata dalla pandemia e dall’inattività forzosa?
Temiamo molto che Bologna – chi sa per quanto tempo – non sarà più la città della musica, dell’innovazione e dell’arte, non sarà più Basket city, non sarà più una meta per il turismo italiano e internazionale e che non sarà un luogo di giustizia ed equità.
La gravità della situazione sociale impone un solo programma politico – non tanto emergenziale quanto vitale – che può che aver solo la prospettiva di un piano quinquennale. Che sembra evocare esperienze storiche infelici ma che, invece, coincide solo con la durata della prossima consigliatura.
Con questi chiari di luna, il nome del candidato diventa relativamente influente. Servono risposte chiare e proposte vere.
E non c’e’ tempo per il penultimo ballo sul Titanic che affonda.
Serafino D’Onofrio – Presidente AICS Bologna