41 ANNI DALLA STRAGE DEL 2 AGOSTO
Oggi ricorre il 41° anniversario della strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Oggi Bologna ricorda tutte le vittime della strage con l’incontro dei famigliari delle vittime e un corteo che ci condurrà fino alla Stazione di Bologna
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Lo staff di AICS Bologna ricorda la strage con alcuni pensieri…
Quando arrivi a Bologna in treno, lo vedi. Lo squarcio è lì, davanti a te, sono lì i fiori commemorativi sempre freschi anche dopo 40 anni, sono lì i nomi. I viaggiatori e i turisti ci passano davanti, osservano questa voragine nella sala d’aspetto, ora mitigata da un vetro, e spesso, forse, non capiscono cosa significa. Io non lo sapevo… la prima volta che arrivai a Bologna avevo 18 anni appena compiuti e non avevo idea di cosa significasse quella enorme crepa nel muro della sala dove si attende il cambiamento. La voragine è immobile, così come è immobile l’orologio, fermo a quell’ora del 2 agosto 1980, 40 anni fa. Un giorno come tanti, uno di quelli che avrei potuto vivere io facendo la fuorisede, una giornata di agosto, di partenza per le vacanze, una giornata interrotta, bloccata, cristallizzata nel tempo e nello spazio. 40 anni dopo, Bologna ricorda e commemora le vittime. 40 anni dopo, Bologna non si ferma nel chiedere giustizia. 40 anni dopo, Bologna reagisce come fa sempre, con dignità, amore e una forza speciale, che mette tutti d’accordo, la forza di chi si rialza sempre, ma, per rispetto, non fa ripartire l’orologio, non chiude la voragine, non nasconde di essere stata colpita, di essere stata ferita e uccisa, di esserne uscita cambiata, me sempre e per sempre unita.
Alice Favi
Quando vivi in un luogo è difficile immaginarlo diverso da com’è. La stessa cosa succede per la propria vita, o per una persona che si conosce. Ogni luogo, cosa o persona è segnato da ciò che gli succede attorno, dalle vite attraverso cui passa. Bologna è la mia città, è ferma nel tempo, sempre uguale. Eppure quel giorno è cambiata, quel 2 agosto del 1980. Mio padre c’era, non ha mai raccontato cosa ha visto, se l’è tenuto dentro; dice però che quel giorno è cambiato tutto. C’era l’Italia del prima e c’è l’Italia del dopo. A me piace questa città, mi piace che resti così com’è. Però so che potrebbe cambiare tutto da un momento all’altro; so che basterebbe poco, basterebbe la pazzia di un momento. Perché so che è già successo. So che è importante ricordare. E ricordo.
Francesco d’Onofrio
Quest’anno ho compiuto 40 anni. Sono nata nel 1980. Da quando mi ricordo, i miei genitori mi hanno sempre detto che il 1980 è stato un anno particolare, doloroso, ma anche caratterizzato da un grande sentimento di collaborazione e fratellanza tra le persone e da una forte consapevolezza di ripartenza. Il 2 agosto 1980 alle ore 10.25 è esplosa una bomba alla stazione centrale di Bologna: 85 persone sono rimaste uccise e oltre 200 ferite. Il più grave atto terroristico dal secondo dopoguerra nella città che è diventata negli anni la mia seconda casa. Subito dopo si è messa in moto una macchina di soccorsi, altruismo e collaborazione tra persone veramente potente. Da marzo 2020 stiamo assistendo alla più grande crisi in ambito sanitario e probabilmente economico dal secondo dopoguerra. Ci sono stati tanti episodi di grande dedizione, soprattutto da parte del personale sanitario del nostro paese, e di vicinanza tra le persone.Non è che sono necessarie delle tragedie per farci capire che siamo tutti Cittadini del nostro paese, che siamo più forti se restiamo uniti, ci aiutiamo a vicenda e facciamo sentire la voce di tutti. Le tragedie purtroppo non si possono evitare. Si possono però ricordare, per capire dove vogliamo andare e cosa vogliamo diventare. Abbiamo una grande possibilità come mai prima d’ora: l’informazione, per sviluppare consapevolezza e pensiero critico. Per fare sì che i sacrifici di migliaia di persone non restino vani.
Francesca Brunetti
La mattina del 2 agosto di 40 anni fa, eravamo riuniti nella sala dei delegati sindacali di Palazzo Pizzardi, che allora ospitava gli uffici delle Ferrovie dello Stato.
Serafino D’Onofrio
Corremmo a piedi in stazione.
A ognuno di noi consegnarono dei guanti da manovratore e ci arrampicammo su una montagna di detriti, iniziando a scavare. Una catena umana per spostare travi di legno, calcinacci e pezzi di metallo.
Era una situazione irreale. Avevo le scarpe di corda ed ero circondato da angoscia, polvere, silenzio grave e sirene delle ambulanze. Qundo guardai verso il terzo binario, vidi un manichino adagiato sotto il treno in sosta. Il manichino era una donna. Era uno degli 85 morti della strage più sanguinosa della storia repubblicana.
Andai via alle cinque del pomeriggio. Portai con me i guanti da manovratore, che conservo ancora.
Non li ho mai più usati.