Intervista əkodanza per la performance SOGLIA alla ex Chiesa di San Barbaziano
In mostra fino al 9 febbraio alla ex chiesa di San Barbaziano un progetto speciale dell’artista norvegese Per Barclay (Oslo, 1955), La Strage degli Innocenti. La mostra rilegge il celebre dipinto di Guido Reni attraverso una prospettiva contemporanea, invitando a riflettere su vulnerabilità, conflitti e contraddizioni del presente.
Ad arricchire il programma, sabato 8 e domenica 9 febbraio, la performance site-specific Soglia a cura di əkodanza, un lavoro performativo in cui il corpo è immaginato come un limen, o soglia appunto, che al contempo distingue e vincola.
Il concept è dell’artista e coreografa RO Kamila Zerbini, con il coinvolgimento delle performer Silvia Brazzale, Martina Delprete, Beatrice Gatti, Celeste Martellini, Lucrezia Rosellini e l’intervento sonoro del sound designer Lucio Apolito.
Abbiamo parlato con RO Kamila Zerbini e Martina Delprete, che si sono prestate a rispondere ad alcune domande sulla performance.
- Lo spettacolo si svolgerà in un luogo suggestivo, la ex Chiesa di San Barbaziano. In che modo questo spazio ha influenzato la creazione della vostra performance? In uno sito così mistico, il corpo assume anche il significato di soglia tra qualcosa di terreno e qualcosa che sta al di là?
Questo luogo evocativo, riconsegnato alla città da una ristrutturazione che non ha alterato lo stato dello spazio, è entrato in dialogo con l’attuale ricerca artistica di əkodanza orientata verso i paesaggi e i margini come luoghi di abitazione e attraversamento. Il concetto di SOGLIA -che la compagnia sta indagando da tempo- ci è apparso così connesso con il luogo che ci ospita e con il contesto dell’opera esposta da Per Barclay. La SOGLIA è quello spazio fisico ed interiore tra un prima e un dopo, tra il davanti e il dietro, tra l’alto e il basso in tutte le sue declinazioni di senso, creando -oltre a connessione- anche un senso di spaesamento e vertigine.
Sensazione che l’ex chiesa di San Barbaziano incorpora magnificamente.
La forza mistica e di stupore che arriva dalla sua struttura architettonica, trova una sponda di realtà nelle opere grafiche sulle pareti, segnali del tempo e delle diverse destinazioni d’uso del luogo, conservati nella sua decadenza. Queste interferenze, assieme a quelle simboliche, rendono il luogo già di per sé una SOGLIA da abitare.
- Il concetto di limen è focus della vostra performance: da dove viene questa ispirazione e cosa rappresenta personalmente per voi performer e per la coreografa? Come si inserisce nell’opera di Per Barclay?
Il concetto di soglia è presentato come transizione dall’antropologo Arnold Van Gennep e poi da Victor Turner, che lo sviluppa nel concetto di Limen (da cui liminarità) ovvero luogo di passaggio ritualizzato, dove la creazione manifesta il senso dell’esperienza. I soggetti culturali, e i loro significati, vivono una condizione di ambiguità per cui non sono più ciò che erano ma neanche ciò che saranno.
La compagnia da alcuni anni lavora, riflette e produce attorno ad alcune parole “porta” che sono margini, confini, paesaggio e incorporazione. Tutti questi macro argomenti ci hanno portato a considerare la SOGLIA come luogo dell’accadere, un luogo-tempo a cui tendere, manipolando l’esistente con un non-ancora esistente.
Queste qualità che stanno a priori di ogni nostra creazione artistica, connotano le produzioni con quella sorta di ignoto e vertigine, invitando ad una riflessione personale e significante del reale (processo che abbiamo trovato magnificamente rappresentato nell’opera di Per Barclay).
Inoltre, in connessione con il lavoro di Per Barclay ci risuona il “tradimento” effettuato alla tradizione, per riposizionare le opere del passato (La strage degli innocenti di Guido Reni) questionandole e creando una connessione e sospensione tra passato e presente, tra reale e non reale. - La luce e il suono hanno particolare rilievo nella performance. Come contribuisce la figura del sound designer in un lavoro come questo?
Il lavoro che Lucio Apolito da alcuni anni realizza per le nostre performance è un’elaborazione di un ambiente sonoro che si basa sulla stratificazione di tracce audio di diversa natura. Anche l’elaborazione sonora è una soglia percettiva importante. La soglia è anche soglia di percezione, al di sotto della quale uno stimolo sensoriale non viene avvertito. E’ una misura di sensibilità. La stratificazione delle tracce audio favorisce l’allenamento a questa sensibilità percettiva. Dal punto di vista dell’illuminazione, la chiesa rappresenta un’architettura di luce. La luce diviene un segnale sensoriale anch’esso liminale, che rende attraversabile il reale. Per questa occasione infatti abbiamo voluto proporre la performance con due situazioni visive differenti: il sabato sera avremo un’illuminazione artificiale e la domenica mattina quella naturale più consona all’agire della SOGLIA stessa.
- Come artistə e come personə, qual è l’aspetto di “Soglia” che vi emoziona di più? (Un passaggio della coreografia, un momento particolare…)
Questa composizione si allinea con il lavoro sviluppato negli ultimi anni dalla compagnia. Il corpo, il gesto e la danza sono veicolo d’incorporazione di percezioni e pensieri collettivi in cui potersi riconoscere nella propria condizione umana, soprattutto in questo momento storico di conflitti e separazioni.
Ci emoziona la soglia in quanto potenziale luogo d’incontro.
La scrittura coreografica propone diverse occasioni per favorire una fruizione libera ed empatica dell’opera: rompe la quarta parete, ovvero la distanza tra performer e pubblico, grazie alla condivisione delle “soglie” in cui il corpo e gli elementi scenici sono medium di significati.
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