ENTI NON PROFIT E OPERAZIONI COMMERCIALI LA FATTURAZIONE ELETTRONICA
AICS LEGGI&FISCOnLine N° 26 – Con l’inizio del nuovo anno, è importante fare il punto sugli obblighi degli Enti non Profit rispetto all’avvento della fatturazione elettronica. a cura di Alessio Silvestri
AICS LEGGI&FISCOnLine N° 26
ENTI NON PROFIT E OPERAZIONI COMMERCIALI
LA FATTURAZIONE ELETTRONICA
a cura di Alessio Silvestri
Con l’inizio del nuovo anno, è importante fare il punto sugli obblighi degli Enti non Profit rispetto all’avvento della fatturazione elettronica.
La normativa sulla fatturazione elettronica, in vigore dal 01.01.2019, non ha interessato gli Enti non profit che non esercitano attività commerciali (privi di partita iva) essendo stati equiparati dal legislatore ai soggetti privati e,in quanto tali, per essi nulla è cambiato rispetto al passato: potranno continuare a ricevere su carta le fatture emesse dai loro fornitori.
La generalità degli Enti non profit che esercitano anche attività commerciali e non siano in regime agevolato di cui alla legge 398/91, hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica per le operazioni commerciali svolte che non siano documentate da scontrini o ricevute fiscali.
Per gli Enti non profit, esercenti attività commerciali, il d.l. n.119 del 23 ottobre 2018, ha esonerato dall’obbligo di fatturazione elettronica solo quelli che abbiano optato per la Legge 398/1991 e che abbiano conseguito proventi di attività commerciali non superiori a euro 65.000 nel periodo d’imposta precedente.
In altre parole, i soggetti passivi in regime di 398/91 e con un volume d’affari non superiore a 65.000 conseguito nel periodo d’imposta precedente dall’esercizio di attività commerciali, continueranno ad emettere le fatture in forma tradizionale (su carta) .
Discorso diverso per gli enti no-profit in regime di 398/91 e con ricavi superiori ad euro 65.000 nell’anno precedente: in tal caso, il decreto-legge n.119 del 23 Ottobre 2018 prevede che gli Enti stessi “assicurano che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario ocommittente soggetto passivo d’imposta”».
Tale normativa è apparsa da subito poco chiara e, purtroppo, con la legge di conversione (che ha abolito la contestata normativa sulla fatturazione delle operazioni di pubblicità/sponsorizzazioni) non ha subito modifiche.
Tante le incongruenze e le difficoltà pratiche di applicare una norma che dovrebbe avere lo scopo di” semplificare” gli adempimenti di tali Enti, tralasciando di analizzare le implicazioni giuridiche legate alla locuzione “assicurano” posto a carico dell’Ente non profit; si elimina un obbligo e si impone un controllo misto ad evidenti responsabilità per i casi di inadempimento di altra parte.
Va subito rilevato che il sistema di interscambio(SDI) dell’Agenzia delle Entrate non contempla l’ipotesi di emissione di fatture per conto di terzi, se non attraverso una complessa procedura di deleghe con accreditamento presso lo SDI del cessionario.
Sono circolate, tra gli addetti ai lavori, varie ipotesi operative che oscillano dall’autofattura al meccanismo del reverse charge, fino alla considerazione che forse il vero intento del legislatore è di non consentire più all’Ente di incamerare il 50% dell’Iva risultante dalla fattura, come normalmente avviene in regime di 398/91.
Allo stato, dall’esame della norma,nessuna di queste ipotesi sembra percorribile per diversi motivi.
Se l’obiettivo era di far perdere l’incasso del 50% dell’Iva agli Enti di cui sopra,era necessaria una norma specifica ,di modifica alla legge 398/91 e certamente non una norma di tipo procedurale, come quella del d.l. 119 e men che mai in un’ottica di “semplificazione “;e ,poi,vi sarebbe un evidente contratto rispetto agli Enti che hanno un fatturato al di sotto dei 65.000 euro nell’anno precedente per i quali nulla cambia.
Il regime del reverse charge non appare idoneo ad essere utilizzato poiché è comunque il cedente ad emettere la fattura in tale ipotesi normativa.
Per come è scritta la norma, solo l’autofattura (come per gli agricoltori esonerati da fatturazione) appare conforme all’inquadramento giuridico delineato dal legislatore del d.l. 119, ma non si comprende come attuarla e sarebbe tutt’altro che una semplificazione.
Tante le perplessità che vengono alla luce:
– Come si procederebbe se il committente fosse un soggetto in regime forfetario (esonerato da fatturazione elettronica)?
– E se il committente di una prestazione commerciale fosse un soggetto estero o della U.E., come potrebbe l’Ente “assicurarsi” che la fattura elettronica sia emessa dal cessionario ,non avendo il soggetto estero alcun obbligo in materia ?
– E se (ipotesi molto frequente) il committente fosse un’altra associazione in regime di 398/91, su chi graverebbe l’onere?
– ” se il committente fosse un Ente pubblico (un Comune ad esempio), potrebbe mai l’Ente non profit essere esonerato dalla fattura elettronica ?
Tanti dubbi e perplessità per una norma nata male e attualmente davvero inapplicabile.
Queste discrasie rappresentano un ostacolo alla corretta applicazione del decreto legge da parte degli Enti no-profit in regime di 398/91, già impegnati a dover fare i conti con le numerose novità previste dalla riforma del terzo settore e delle procedure del registro Coni.
In attesa di un auspicabile e, soprattutto, tempestivo chiarimento da parte degli organi competenti, lo scrivente condivide il pensiero già espresso da altri esperti di settore: per l’ente no profit in regime di 398/91 che nell’anno precedente abbia superato il limite dei 65.000 euro di operazioni commerciali ed abbia necessità di fatturare nell’immediato, l’unica soluzione è di emettere direttamente la fattura elettronica, sorvolando su quanto previsto da un decreto legge ad oggi inapplicabile; del resto, già da alcuni anni gli Enti non profit che fanno operazioni commerciali con gli Enti pubblici emettono fatture elettroniche.