COLLABORAZIONI SPORTIVE: escluse dalla presunzione di subordinazione
Il Coni e l’Associazione nazionale consulenti del lavoro hanno chiesto al Ministero del Lavoro se l’esclusione dalla presunzione di subordinazione di cui alla lettera d) dell’articolo 2, comma 2 del Decreto legislativo 81/2015, possa essere riferita anche al CONI, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti da quest’ultimo, ….
COLLABORAZIONI SPORTIVE: escluse dalla presunzione di subordinazione
Il Coni e l’Associazione nazionale consulenti del lavoro hanno chiesto al Ministero del Lavoro se l’esclusione dalla presunzione di subordinazione di cui alla lettera d) dell’articolo 2, comma 2 del Decreto legislativo 81/2015, possa essere riferita anche al CONI, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti da quest’ultimo, alle Federazioni Sportive Nazionali e alle discipline associate. Il Ministero del lavoro, in risposta al quesito (Interpello 6/2016), ha affermato che “nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. d) D.Lgs. n. 81/2015 debbano essere ricomprese non solo le collaborazioni coordinate e continuative rese in favore delle Associazioni sportive e delle Società sportive dilettantistiche ma anche quelle rese in favore del CONI, delle Federazioni Sportive nazionali, delle discipline associate e degli Enti di promozione sportiva”. Quindi, anche le collaborazioni sportive rese in favore di questi ultimi enti risultano escluse dall’applicazione della presunzione di subordinazione stabilita dal suddetto articolo 2 comma 1.
Nello specifico: secondo il Decreto legislativo 81/2015, (c.d. jobs act), “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro” (art. 1) e “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.” (art.2)
Il “Jobs act” faceva poi qualche eccezione a questo principio generale, e lasciava fuori alcuni tipi di collaborazione, tra le quali “le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289” (articolo 2, comma 2, lettera d)
Il dettato letterale della norma sembrava pertanto escludere le collaborazione coordinate e continuative ai fini sportivi (quelle dove sino a 7.500 euro non si pagano nè INPS nè imposte) rese agli Enti di promozione, alle Federazioni etc.
Mentre una società sportiva poteva continuare ad avvalersi di una segretaria, o di un custode etc con i quali instaurare questo tipo di collaborazione, un Comitato dell’AICS, o la sede nazionale, non avrebbero più potuto.
La nota ministeriale rimette le cose a posto, chiarendo che “nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. d) D.Lgs. n. 81/2015 debbano essere ricomprese non solo le collaborazioni coordinate e continuative rese in favore delle Associazioni sportive e delle Società sportive dilettantistiche ma anche quelle rese in favore del CONI, delle Federazioni Sportive nazionali, delle discipline associate e degli Enti di promozione sportiva”.
Dunque, anche Comitati provinciali, sedi nazionali etc Enti e Federazioni, possono continuare ad avvalersi di tale forma di collaborazione.