Multitasking
Dal dizionario. I have ten tasks that I need to complete today. Ho dieci compiti che devo portare a termine oggi.
Multitasking
Dal dizionario.
I have ten tasks that I need to complete today.
Ho dieci compiti che devo portare a termine oggi.
Ciò che il dizionario non ci dice se i «compiti» vanno eseguiti uno dopo l’altro e in quale ordine, oppure contemporaneamente. Chi ha visto il film di Robert Altman «America oggi» ricorda senz’altro la scena della donna che con un braccio reggeva il bambino, con la tetta lo allattava, con l’altra mano reggeva la cornetta del telefono e con la bocca recitava porcate a beneficio dell’interlocutore a pagamento di una hot line. Non sono proprio dieci compiti, ma la giornata non finiva lì.
C’è in giro la diceria (e ogni tanto mi torna davanti) di una presunta differenza fra uomini e donne che consisterebbe proprio nella capacità di queste ultime di essere multitasking, al contrario dei maschietti che saprebbero pensare solo ad una cosa per volta.
Lo ammetto. Mentre scrivo queste righe, mi darebbe fastidio qualunque interruzione. Non riesco a leggere con la musica in sottofondo né, ovviamente, ad ascoltare musica leggendo in sottofondo. Invece un tempo trascorsi qualche anno della mia vita con una compagna che mi leggeva ad alta voce sferruzzando; e avrebbe tenuto anche la radio accesa se questo non avesse infastidito me.
Multitasking. Non so se nel 1966 la parola si dicesse già in inglese. In italiano no di certo. Ma «I gufi», leggendario gruppo del cabaret milanese, dedicarono una strampalatissima ballata alle casalinghe; segno del fatto che di certe cose si cominciava ad accennare. L’ho cercata in Youtube ma ne ho trovato solo una versione bruttarella interpretata da un epigono. Dunque ne riproduco qui le parole, avvertendo che non si tratta di dialetto, bensì di una sua caricatura. Il chitarrista dei Gufi, Lino Patruno, era – ed è ancora – calabrese: uno di quei terroni alla Abbadantuono o alla Maurizio Micheli, per non dire del grande Enzo Jannacci, che hanno portato linfa al sangue del popolo milanese in via di annacquamento per via di cumenda, fabbrichètte e dané. Ecco il testo; poi qualche annotazione.
“ “
La ballata delle casalinghe
(I gufi)
Lavi lavi lavi
la massaie attinte
rughi rughi rughi
intantu le polinte
con lu strofinacciu
spolveri li cose
e pulisci il nasu
del figliolu scemu.
Bravi massaie, sei patentate
lu tuo lavure è poco conosciute
sulla vestaglia ci scrivu caselinghe
Spazzi spazzi spazzi
camere e cucine
levi li magliette
di li tue bambine
quando l’omu torna
dal lavure stanchi
gli levi li mutandi
con pazienzi santi
Bravi massaie, sei patentate
lu tuo lavure è poco conosciute
sulle mutande ci scrivu caselinghe
Tuttu il giornu in piedi
come li cummesse
fari da mangiare
e pulisci i cesse
tuttu il giornu in piedi
troppu è lu lavuri
tu non ti lamenti
ma vurristi fiuri
Bravi massaie, sei patentate
lu tuo lavure è poco conosciute
sulla tua frunte ci scrivu caselinghe
Non ricevi fiuri
ma critiche sultantu
l’omu non t’aiuta
pirchi è sempri stancu
anzi sempri dice:
“Tu che cosa faie?
Fari li massaie
nun si stanchi maie!”
Bravi massaie, sei patentate
lu tuo lavure è poco conosciute
sulla tua tumbe
ci scrivu:
“Nacque in casa,
visse in casa,
morì per la casa.
caselinghe”
“ “
Con buona pace della morale kantiana del “dovere per il dovere”, la maggior parte dei doveri, dei compiti, degli incarichi che assumiamo ci vengono imposti dall’esterno, sia essa la persona fisica di un superiore, sia essa la necessità inderogabile delle circostanze. Un tempo, quando era invalso l’uso per le famiglie nobili o altoborghesi di tenere persone a servizio, capitava che il signore e la signora dessero alla servitù ordini contemporanei e persino contraddittori. Naturalmente nessuno dei due signori avrebbe accettato di buon grado di subordinare le sue esigenze al capriccio dell’altro, o il contrario. Poteva il Battista della situazione mancare o ritardare l’esecuzione adducendo la contemporaneità dell’altro ordine? Non sia detto! Erano cazziate e umiliazioni! Dal che si può vedere il vantaggio che ha una coppia di coniugi quando può scaricare la propria aggressività su terzi malcapitati. La servitù è davvero una brutta cosa. Ma se ti tocca e non hai alternative, allora metti a lavorare il cervello come Arlecchino. Il multitasking fu inventato dai servi. I quali analizzarono e scomposero tempi e mansioni, incastrando ogni gesto in un lasso di tempo e individuando per ogni lasso di tempo il gesto appropriato. Ora, perché le donne sono diventate – se è vero – più brave in questo? Perché il servo maschio, quando era in difficoltà, aveva sempre qualche donna su cui scaricare, e alla donna toccava “l’ultimo miglio” della razionalizzazione.
Veniamo un po’ più in qua nel tempo, e troviamo la famiglia operaia o piccoloborghese. Lui ha un solo task: portare a casa i soldi per vivere. Tutti gli altri task toccano a lei. E per fortuna sono arrivati gli elettrodomestici! Oddio, fortuna? Da un certo punto di vista sì; ma l’esonero da certe fatiche domestiche non ha poi aumentato il tempo libero delle donne, i cui task sono persino aumentati nel momento in cui l’organizzazione sociale è divenuta incompatibile economicamente con un solo reddito in famiglia. Così oggi le donne vanno a lavorare ma sempre su di loro sta il carico dei task domestici.
La canzone dei Gufi su questo è fin troppo chiara. L’uomo è sempre stanco e al tempo stesso convinto che il lavoro di sua moglie non è nemmeno un lavoro e quindi non stanca.
Giusto. Qualcuno ha mai avuto un dubbio che il computer che stressiamo per tutto il giorno possa stancarsi? No, nessun dubbio. Fino a che non ci molla la scheda madre o non si scassa il disco rigido. Così gli tiriamo il collo senza riguardi. Lui, il computer, è multitasking; e io potrei, in questo momento, continuare a scrivere tenendo aperta una stazione radio o una cartella di mp3. Come ho detto, non lo faccio. Sono io, e sono un maschio. Ma dal mio pc potrei pretenderlo e lui mi asseconderebbe… Mi asseconderebbe una donna se le chiedessi di lucidarmi le scarpe mentre prepara il risotto tenendo d’occhio la posta elettronica?
La canzone dei Gufi sembrerebbe dir di sì, ad una condizione: che io le portassi dei fiori invece di rimproverarla sempre. Ma qui casca l’asino.
Il neoliberismo, il politicamente corretto, il postmoderno e tutte le altre occorrenze ideologiche della contemporaneità, pare abbiano scoperto la potenza distruttiva dei linguaggi. Prima lo si diceva: ne uccide più la lingua che la spada. Ma era così per dire. Oggi possiamo sperimentare il potere annichilente della parola e dell’icona, sì da rendere frusti i vecchi sistemi coercitivi e repressivi. Con i fiori – fiori del male – possiamo ottenere la soggezione di una persona; e con le parole possiamo far finta di gratificarla mentre si schiavizza o persino si prostituisce.
Narrare come positivo il multitasking femminile, ove accettato dalle donne, diventa un modo per noi maschi di rifilar loro qualsiasi incombenza ci risulti sgradita. Io faccio questo, perché non sono multitasking, tu fai tutto il resto perché lo sei.
Cpompagne ed amiche mie, e persino nemiche (se ne avete motivo), rifiutatela questa cosa del multitasking. È roba da servi; è roba da macchine; e non vi fa più riconoscere qual è il vostro tempo davvero libero.
Sento una voce che mi chiede: ma a te, maschietto, cosa ne viene da questo tuo agitare le acque? Non ti va già bene così?
Varie ragioni m’inducono a radicarmi in queste mie convinzioni. Non è finto femminismo il mio. Me lo spiegarono negli anni ’70: il maschio femminista è un lupo travestito. E io non mi sento un lupo, nemmeno in mimetica. Intravvedo tuttavia un mio interesse, sempre attraverso i vecchi Gufi. Il sistema del multitasking non opera alcuna distinzione, alcuna valutazione di merito sulle mansioni eseguite in apparente contemporaneità. Dunque la casalinga della canzone con lo strofinaccio spolvera le cose e pulisce il naso del figlio scemo (portatore di deficit cognitivo); fa da mangiare e pulisce il cesso. A voi non vengono i brividi? A me sì.
Carlo Loiodice